di Gigi Padovani

Oggi più che mai, a ottant’anni dalla Liberazione dai nazifascisti attraverso la lotta partigiana (che ebbe tra le sue fila 47 mila caduti) e l’insurrezione operaia nelle città del Nord Italia, ha senso celebrare il 25 Aprile. Non con “sobrietà”, come vorrebbe il ministro Piantedosi, ma con allegrezza, gioia, fratellanza. Ben sapendo che dalla Resistenza è nata la nostra Repubblica e la sua Costituzione e che la libertà non è un bene acquisito per sempre, ma che bisogna lottare per mantenerlo.

In questi giornI sono tornato cronista per “La Stampa”, il quotidiano dove ho lavorato per trent’anni come caposervizio e inviato di politica, su richiesta del capocronista di Torino Giuseppe Salvaggiulo, che ringrazio. Sto scrivendo dei reportage dal 1945, per arrivare fino all’epilogo della Liberazione della città, il 30 aprile: ho iniziato il 30 marzo. Sono una serie di articoli che vogliono far rivivere quei momenti ai lettori del quotidiano. In molti mi chiedono se questi articoli verranno raccolti in un volume: vedremo. Intanto scrivo e partecipo – sobrio ma felice – alle celebrazioni del 25 Aprile 2025.

Voglio ricordare una famosa frase che Antonio Gramsci scrisse nel suo periodico La città futura nel 1917, che era pubblicato dalla Federazione giovanile piemontese del Partito Socialista (il Pci fu fondato nel 1921): “Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che ‘vivere vuol dire essere partigiani’ ”. La frase non è riferita alla Resistenza, ovviamente, ma è spesso ricordata nell’ambito della lotta al nazifascismo. E quindi oggi non si può essere indifferenti: bisogna schierarsi, come 80 anni fa. Ha scritto Italo Calvino nella bella prefazione al suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno (leggetelo, se non l’avete ancora fatto!): “La rabbia che fa sparare i fascisti con speranza di riscatto è la stessa che fa sparare noi. E allora dov’è la differenza? La differenza è che noi, nella Storia, siamo dalla parte della ragione, e loro dalla parte del torto”.

Ecco perché ancora oggi serve una memoria attiva della Resistenza, che non fu un affatto un “derby tra fascisti e comunisti”, bensì il momento fondativo della Repubblica Italiana, sostenuto da tutte le forze politiche – democristiani, comunisti, socialisti, liberali, azionisti, monarchici – che parteciparono alla lotta clandestina contro il fascismo.

Ho scritto gli articoli su “La Stampa” di Torino dedicati alle “Cronache del 1945” perché nel 1979, a 26 anni, scrissi il mio primo libro dal titolo La liberazione di Torino. Me lo chiese lo scrittore e giornalista Davide Lajolo, che andavo a trovare spesso alla domenica nella sua Vinchio (At): era il mitico comandante Ulisse delle Brigate Garibaldi. Emozionato, ma con orgoglio, accettai l’incarico di firmare la mia prima opera. Mi gettai con entusiasmo alla ricerca di testimonianze, documenti, libri, articoli dedicati ai giorni della Liberazione di Torino, in un lavoro che mi impegnò per oltre un anno, raccogliendo testimonianze dei protagonisti presso la sede dell’ANPI di Torino, in corso Regina Margherita.

Nel 2022, con le Edizioni del Capricorno, il libro è tornato in libreria e in edicola, in un’edizione riveduta e ampliata, dal titolo La liberazione di Torino. Aprile 1945: le sette giornate dell’insurrezione, con la prefazione di Paolo Borgna, presidente dell’ISTORETO (Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”) . Sono pagine che lasciano poco spazio alla retorica:  con uno stile asciutto e giornalistico ho raccontato le storie di quei seicento giorni di sofferenza per Torino. La storia è più ampia di quella scritta per “La Stampa”, ma negli articoli per il quotidiano di Torino vi sono anche molti elementi nuovi, raccolti da testimonianze, libri, documenti.

Tutto si concluse il 30 aprile 1945, quando un manifesto firmato dal sindaco Giovanni Roveda, appena nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale, comunicò ai torinesi che l’Italia settentrionale era «finalmente libera» e grazie alla «forza unita del popolo e dei gloriosi partigiani è riuscita a debellare gli oppressori».

Viva il 25 Aprile, ora e sempre Resistenza.

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