E’ la settimana di Pasqua, la Quaresima (per chi la rispetta…) è finita. Siamo rimasti tutti un po’ bambini, quando abbiamo di fronte un uovo in cioccolato, per la gioiosa aspettativa di poterlo aprire, sentirne il profumo inebriante una volta spaccato il guscio e infine scartare il pacchetto che contiene la sorpresa. Ma se l’uso di regalare uova è antichissimo, in quanto la festa cristiana coincide con l’inizio della primavera, quello di donarle in cioccolato è piuttosto recente. Per realizzare un buon uovo di Pasqua occorre una pasta di cacao raffinata da moderni macchinari per riuscire a modellare forme difficili e strane, e questo fu possibile soltanto dopo il concaggio inventato da Lindt  a fine Ottocento. Nei nostri libri abbiamo raccontato la nascita di questo prodotto, che ha origine a Torino negli Anni Venti del Novecento. E passeggiando per piazza San Carlo, al Caffè Torino, mi è capitato di vedere un uovo ben decorato nella vetrina. Putroppo non siamo ai livelli di un grande maestro dell’arte dolciaria, del quale si è perso un po’ il ricordo: Guido Bellissima. Vi proponiamo in questo articolo due stralci dai nostri libri in cui abbiamo raccontato tutto: da “Conoscere il cioccolato” (Ponte alle Grazie, 2006) e “CioccolaTorino (Blu Edizioni, 2010)

In Gran Bretagna, Belgio, Francia  e Svizzera la tradizione cioccolatiera pasquale e natalizia si esprime più con animaletti e piccoli pupazzi: campanelle, coniglietti, cuoricini, pesciolini, babbi Natale. In Italia hanno maggior successo le uova di cioccolato. Probabilmente questa particolare forma del Cibo degli Dei si lega alle usanze più antiche, secondo cui l’uovo – come dicevano i romani omne vivum ex ovo (l’uovo è all’origine della vita) – rappresentava sia la fertilità sia l’arrivo della buona stagione primaverile.

Fin dal Medioevo le uova colorate venivano regalate ai bambini per simboleggiare la resurrezione. Oggi è la sorpresa interna a rendere particolarmente desiderato l’uovo di cioccolato. Forse l’usanza di donare uova “preziose” risale al 1883, quando lo zar Alessandro commissionò al maestro orafo Peter Carl Fabergé, la creazione di un regalo speciale per la zarina Maria Fëdorovna. Fabergé realizzò un inedito uovo con platino latino smaltato bianco, oro, brillanti, e altre pietre preziose. Due anni dopo creò, sempre per la zarina, uno stupendo uovo che racchiudeva una sorpresa: un grande successo.

La fase pionieristica: incominciò “madama Giambone”

Le prime realizzazione di uova di cioccolato risalgono agli inizi del Novecento ed erano pesanti: si riempivano a mano stampi metallici a forma di mezzo guscio e poi si univano fondendoli con altro cioccolato. La novità conquistòsubito i bambini, e quindi furono inventati macchinari particolari adatti ad una maggiore produzione e che consentivano una miglior perfezione estetica.

Nel bel libro Dolci delizie subalpine, lo storico delle industrie dolciarie piemontesi, Mario Marsero, ricostruisce la fase pionieristica delle uova di cioccolato in Italia, stabilendola a Torino, prima nel laboratorio della vedova Giambone e poi nella invenzione di una piccola azienda industriale degli Anni Venti.

 Negli anni 20 la Casa Sartorio di Torino brevetta un sistema per modellare le forme vuote: “Gli stampi a cerniera chiusi e posti nella macchina, subiscono un movimento di rotazione e rivoluzione mediante il quale la pasta in essi contenuta si distende uniformemente su tutta la superficie interna. Dopo il raffreddamento le forme si tolgono intere, variandone lo spessore a seconda della quantità di pasta che si introduce negli stampi” (la citazione è tratta da una pubblicazione del 1926 sulla fabbricazione del cioccolato, Nda).  Grazie alle macchine e alla tecnologia si realizza l’uovo di cioccolato perfettamente geometrico, fatto di due parti di spessore regolabile. 

L’introduzione della “sorpresa” incomincia a diffondersi nel 1925: prima oggetti semplici, anche animaletti in zucchero o confetti, poi regali sempre più costosi e preziosi. Secondo Marsero, che riporta l’articolo di un giornale di categoria dell’epoca, nella Pasqua del 1927 le uova diventano di gran moda. Dopo ottant’anni, la loro fortuna non si è più fermata. Oggi, dopo ottant’anni, costituiscono un grande business per chi produce cioccolato in Italia, come confermano sia le cifre dell’Aidi sia quelle della Confartigianato. In pochi giorni gli italiani mangiano circa 16 mila tonnellate di uova pasquali: 12 mila industriali e 4500 artigianali. Un record che genera un giro d’affari complessivo di quasi 500 milioni di euro.

Gli ovetti Kinder nascono nel 1974

Ma se queste cifre sono da capogiro, che dire degli ovetti Kinder inventati nel 1974? Un vero e proprio fenomeno di costume, con le loro sorpresine che hanno conquistato diverse generazioni di ragazzini in tutta Europa e sono diventate oggetti da collezionismo. In una mostra tenutasi al Vittoriano di Roma nell’ottobre del 2004 sono stati celebrati i loro primi trent’anni di vita: se fossero messi in fila tutti gli ovetti venduti in sei lustri, si coprirebbe cinque volte la distanza, andata e ritorno, tra la Terra e la Luna. Sono nati da una intuizione di marketing. Diceva il Cavalier Ferrero ai suoi dirigenti: “Perché ai bambini piaccio le uova di cioccolato? Per la sorpresa che vi possono trovare. Allora diamo loro la gioia della Pasqua per tutto l’anno…” 

[Da “Conoscere il cioccolato”, di Clara e Gigi Padovani, Ponte alle Grazie, 2006]

Il maestro Guido Bellissima

Il primo gennaio 1991 è scomparso all’età di 79 anni un maestro confettiere e cioccolatiere del quale ci hanno tessuto le lodi, con affetto e riconoscenza, i numerosi pasticceri che abbiamo incontrato nei laboratori torinesi. Si chiamava Guido Bellissima ed era famoso per la sua grandissima abilità nel decorare le uova di cioccolato con la «ghiaccia» colorata di zucchero e albume d’uovo. Era nato a Messina ma si era trasferito a due anni a Torino, incominciando appena dodicenne a lavorare nelle aziende dolciarie: prima in Caffarel, quindi in Venchi Unica come capo reparto del cioccolato, infine alla De Coster dal 1958: è in questo stabilimento che Bellissima riuscì a esprimere al meglio le sue doti di artista, avviando un reparto di valenti allieve decoratrici che da lui impararono le tecniche più raffinate. Negli ultimi anni di vita tenne corsi di formazione presso l’Istituto d’Arte Bianca Beccari, che dopo la sua morte gli ha dedicato un’aula nella nuova sede di via Paganini. Di Bellissima rimassanno indimenticabili quelle enorme e meravigliose uova pasquali, decorate con suprema maestria, che per tante primavere hanno lasciato stupefatti i passanti davanti alle vetrine del Caffè Torino di piazza San Carlo, e che, rapiti, rimanevano ad ammirare chiese, monumenti, giardini, carrozze, palazzi d’epoca riprodotti in dolce miniatura. E, come d’abitudine, invece della sua firma, in calce a quei capolavori di cento o duecento chilogrammi in cioccolato, c’era soltanto il nome del committente, De Coster. Guido Bellissima fu un uomo schivo, dal talento irripetibile, che tutti ricordano come l’ultimo grande maestro della vecchia scuola torinese di confetteria, e che merita un posto importante tra i pionieri del cioccolato.

[Da “CioccolaTorino”, di Clara e Gigi Padovani, Blu Edizioni, 2010]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *