di Gigi Padovani

Correva il 1999 quando mi presentai al centro direzionale della Ferrero di Pino Torinese (chiuso dalla multinazionale dolciaria nel 2015, con trasferimento di 300 dipendenti ad Alba e poi a Lussemburgo): “Vorrei scrivere un libro sulla Nutella”. Risposta: “A noi non interessa”. Ribattei: “Lo scrivo lo stesso”. Mi chiusi negli archivi de “La Stampa” (dove lavoravo al settore Interni, il politico) e poi a Milano in quelli della Mondadori e tirai fuori centinaia di articoli sulla crema da spalmare più famosa del mondo.

Il libro uscì a novembre del 1999 – all’interno conteneva anche qualche intervista a manager Ferrero: l’azienda si ricredette, ma non aiutò l’uscita del libro in alcun modo, nessuna sponsorizzazione – con il titolo “Gnam! Storia sociale della Nutella” (con la prefazione di Giampaolo Fabris, editore Castelvecchi, che fallì e così non presi una lira). Ne parlarono i giornali, andai persino al “Maurizio Costanzo Show” a presentarlo. Poi nel 2004 la Rizzoli, per i 40 anni del barattolo, pubblicò il libro “Nutella un mito italiano” (due edizioni), con grande successo e una festa che l’azienda volle organizzare ai Murazzi del Po per festeggiare il compleanno e presentare la mia opera (fu l’unica sponsorizzazione). Infine nel 2014, per un altro compleanno, Rizzoli Etas ha pubblicato “Mondo Nutella. 50 anni di innovazione“, che è stato tradotto negli Stati Uniti (come “Nutella World”, Rizzoli), nei Paesi Bassi e in Russia: un testo di marketing, arricchito da dati e da interviste fatte a Lussemburgo, nel quartier generale Ferrero (anche in questo caso, nessuna sponsorizzazione).

Intanto Clara aveva pubblicato “Passione Nutella” (Giunti 2006 prima edizione e poi 2010, tradotto in francese e inglese) con una trentina di chef stellati e pasticceri che ci regalarono le loro ricette. E già in Francia era uscita nel 2004 una traduzione di “Nutella un mito italiano con il titolo “Nutella 40 ans de plaisir“, che vendette 50 mila copie.

E ora, per i sessant’anni di Nutella? Abbiamo già ricordato la storia di Nutella e di Ferrero tante volte, anche nell’ultimo libro “Storia di cioccolato a Torino e in Piemonte” [Edizioni del Capricorno 2023, uscito in allegato a “La Stampa” e “Repubblica”]. Non mi resta pertanto festeggiare il 20 aprile 2024, ricordando qui sul mio blog l’incipit di quel mio libro del 2004 (anche per i giornalisti che in questi giorni ne scriveranno), con una precisazione: fui io a trovare, sepolto nei documenti dell’archivio Ferrero (in parte andato distrutto per l’alluvione del 1994) la prova che il primo vasetto della crema uscì dallo stabilimento di Alba proprio il 20 aprile 1964.

Tanti auguri, Nutella

[Nella foto Clara e Gigi Padovani sulla terrazza della Nutelleria dell’Expo Milano 2015]

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Da “Nutella un mito italiano”, di Gigi Padovani, Rizzoli 2004

E’ nata il 20 aprile 1964 in una mattina fredda e piovosa nell’ultimo giorno dell’Ariete. Un segno zodiacale che, secondo gli astrologi, ha caratteristiche tutte positive: ardore, spirito d’iniziativa, fierezza, audacia, fiducia in se stessi. Ma nello stesso tempo è molto sensibile. E leale. Siamo tutti figli di Nutella, confessiamo, stregati da una dolcezza infinita. Di un mito si può scrivere, difficile spiegarlo. Sono molti gli elementi che hanno contribuito al successo: la ricetta, il marchio – primo esempio di naming (la tecnica per battezzare un prodotto) dal respiro internazionale – perfino il packaging. Grazie anche ad un barattolo originale e sinuoso, il prodotto è vissuto come contenitore di significati positivi e di valenze emozionali.

Sulle pagine di pubblicità dei settimanali dell’epoca la Nutella era presentata, in due confezioni da 110 e 160 lire, come una «delizia da spalmare sul pane». Nell’immagine stampata dai rotocalchi spiccava una fetta di uno sfilatino casereccio, appoggiata su un bicchiere in vetro riempito di crema. Un messaggio rivolto alle mamme, con due obiettivi: far loro dimenticare il «peccato» di gola commesso con l’acquisto, grazie al bicchiere in omaggio da riutilizzare in tavola, e tranquillizzarle sul piano nutrizionale. Con il rito della spalmata – che impediva ai ragazzi di mangiare la cioccolata e buttare il pane – i loro figli si sarebbero nutriti con «le sostanze più sane che ci regala la natura» attraverso una merenda «golosa per ogni età».

Ma come si arrivò al battesimo della Nutella? Fu Michele Ferrero a inventare e a dare le ali ad un prodotto che fin dal 1951 si vendeva in tutta Italia, la Supercrema: una conserva vegetale a base di nocciole che già era la primaa evoluzione del prodotto creato dal padre Pietro. Era un «dolce dei poveri» a basso prezzo al sapor di cioccolato, il «Giandujot», confezionato in pani da tagliare con il coltello: a base di surrogato, d’estate si scioglieva e d’inverno diventava una mattonella rigida, eppure diede la felicità a tanti scugnizzi del Meridione, facendo loro apprezzare il gusto dolce. Fu la Nutella a fare la fortuna di quella famiglia di pasticcieri. Verso la metà degli Anni Sessanta, la Ferrero era già un’industria di primo piano, il più importante gruppo dolciario italiano, con stabilimenti bene avviati in Germania e Francia. Dalla sede centrale di Pino Torinese, sulla collina della capitale subalpina, partivano le direttive per una delle prime multinazionali italiane. Fin da allora la visione era europea, quando i Trattati di Roma erano appena stati siglati e l’integrazione del Mercato Comune doveva ancora partire.

[Qui sotto, le copertine dei nostri libri sulla Nutella, dal 1999 al 2015]

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