Il nome Nutella nacque una sera del ‘64 durante una passeggiata con la moglie: «Suona bene…». Per molto tempo si chiamò «Giandujot»

Quella sera, a Francoforte, non riusciva a dormire. Uscì dall’albergo per una passeggiata, dopo aver inaugurato il centro direzionale dell’azienda. Ci pensava da giorni. Al ritorno disse alla moglie Maria Franca: «Che ne dici di Nutella? Suona bene…». Michele Ferrero decideva fidandosi del suo istinto. Così nel 1964 battezzò il suo prodotto prediletto.

pubblicato sul Corriere della Sera del 16 febbraio 2015

Quella sera, a Francoforte, non riusciva a dormire. Uscì dall’albergo per una passeggiata, dopo aver inaugurato il centro direzionale dell’azienda. Ci pensava da giorni. Al ritorno disse alla moglie Maria Franca: «Che ne dici di Nutella? Suona bene…». Michele Ferrero decideva fidandosi del suo istinto. Così nel 1964 battezzò il suo prodotto prediletto. All’inizio fu «Giandujot», inventato dal padre Pietro nel 1946. E «su quel pastone è nata la Ferrero» confidava. Nella crema da spalmare più diffusa al mondo l’ingrediente principale è la nocciola, quella delle sue Langhe. Pochi sanno che il «signor Michele», come l’hanno sempre chiamato i suoi collaboratori, è una sorta di Elzéard Bouffier, il protagonista del racconto «L’uomo che piantava gli alberi» dello scrittore francese Jean Giono. Un giorno, negli anni 80, disse ai suoi agronomi: «Perché non piantiamo nocciole nel Sud del mondo? Le raccogliamo a marzo e avremo sempre un ingrediente fresco». Detto, fatto. In vent’anni quel sogno da visionario è diventato realtà, con circa 8 mila ettari di terreni agricoli in Cile, Argentina, Sudafrica e Australia, dove sono stati messi a dimora 6,6 milioni di noccioli. Così la «tonda e gentile» della Langa ha invaso il mondo, quella Langa dove Michele nacque ai tempi della Malora fenogliana e che ora, senza di lui, non sarebbe così ricca. E pensare che, quando a metà degli anni 50 incominciò la sua avventura imprenditoriale in Europa, i Motta e gli Alemagna, l’aristocrazia dolciaria italiana dell’epoca, sentenziarono: «I Ferrero hanno trovato il modo di farsi del male, falliranno».

Quando per la festività di San Pietro e Paolo, nei saloni della Fondazione Ferrero ad Alba, salutava i «suoi» anziani e incontrava qualche operaio «con la chiave a stella» impegnato a montare le linee per le praline in qualche parte del mondo, chiedeva, in piemontese: «Quella macchina si è messa a girar bene?». Presiedeva sempre le sessioni di assaggio nella «cucina» aziendale, con i prodotti della Ferrero e della concorrenza, con i condizionatori a palla, «perché il cioccolato non deve patire il caldo» diceva. Spesso entrava nei supermercati tra Costa Azzurra e Piemonte, comprava Ovetti Kinder o merendine delle multinazionali americane per verificarne la freschezza. Non aveva mai soldi con sé, chi l’accompagnava passava alla cassa. 
Amava cambiare programma repentinamente, per mettere alla prova il suo staff. Come nell’autunno del 2013, quando volle visitare l’ultimo dei venti impianti Ferrero nel mondo, a Manisa, in Turchia. Annunciato per il lunedì, arrivò con un volo privato da Istanbul il giorno prima e si fermò a mangiare in mensa con gli operai. Si sa che in ogni stabilimento del gruppo veglia una statuetta della Madonna di Lourdes. Ma per non offendere i musulmani i progettisti non l’avevano messa. Quando il Signor Michele arrivò per degustare le creme da spalmare dei competitor turchi, una «manina» premurosa gliela fece trovare nella sala. Non ha mai saputo che venne tolta alla sua partenza.

Il suo era un palato proverbiale. Pur avendo una vita molto «normale», non amava sprecare il denaro, nonostante la ricchezza accumulata. Unica eccezione: la sua torta prediletta per le feste, che faceva prelevare con un elicottero ad Alba da un pasticcere fidato. Nella residenza monegasca dove è vissuto negli ultimi anni, con accanto le ville del figlio Giovanni e di Luisa, la vedova del figlio Pietro (scomparso nel 2011) la sua ultima gioia era stare con i cinque nipotini (Michele, Bernardo, Michael, Marie Elder e John). A loro ha voluto lasciare una sua affettuosa lettera, in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni di Nutella, nel maggio 2014. Alla quarta generazione, idealmente, ha affidato il testimone aziendale. In un caldo messaggio personale inviato alla famiglia, il Presidente Emerito Giorgio Napolitano ne ha voluto sottolineare le doti: «La sua guida carismatica, improntata a genuina sensibilità umana e incessante operosità personale».

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