Di Clara e Gigi Padovani

Giunti 2007

Non deve pesare più di 12 grammi, deve avere una forma a barchetta rovesciata e profumare intensamente di nocciole tostate. E’ il gianduiotto, cioccolatino ormai noto in tutto il mondo, celebrato da due veri cultori, Clara e Gigi Padovani, che ne hanno ripercorso la meravigliosa avventura. Anche l’imperatore Napoleone Bonaparte contribuì indirettamente all’evento, con l’imposizione del blocco continentale, nel 1806, verso le merci provenienti dall’America Centrale: il cacao divenne introvabile in Europa e sempre più caro. I cioccolatieri torinesi trovarono il rimedio, lo sposalizio con le nocciole: per la prima volta il libro dei Padovani riporta alla luce il testo e la ricetta di un ottocentesco “surrogato” all’italiana, pubblicato nel “Piano teorico-pratico di sostituzione nazionale al cioccolato”, scritto nel 1813 da Antonio Bazzarini. Il gianduiotto suscita una passione irresistibile e ispira scrittori, registi, artisti e personaggi del mondo dello spettacolo. Nelle pagine del volume sono raccolti i contributi originali di Giuseppe Culicchia, Ernesto Ferrero e Bruno Gambarotta, un disegno creato per il libro dal maestro Ugo Nespolo, le opinioni di Renzo Arbore, Piero Chiambretti, Luciana Littizzetto, Simona Izzo e Ricky Tognazzi. Da Evelina Christillin una magica rivelazione sul contributo dei gianduiotti alle Olimpiadi Invernali del 2006.  Il libro è completato dalla raccolta di oltre quaranta ricette a base di gianduiotti. Un tuffo nel passato, con tante curiosità: la nascita dei savoiardi, i dessert di antichi menu, realizzati adattando i testi di cucina dell’epoca, di Artusi, Chapusot, Pettini, Vialardi. Ma la parte finale del ricettario è modernissima: rinomati pasticceri propongono la versione casalinga o la loro interpretazione di famose dolcezze subalpine, mentre chef stellati si cimentano in appetitosi piatti salati, come il ‘risotto mantecato’, la ‘bavarese di burrata’ o la ‘quaglia al profumo di gianduiotto’.

Indice del libro

LA VIA ITALIANA AL CIOCCOLATO

Le Madame reali e il cacao – Testa di ferro – L’Infanta di Spagna – Maria Cristina e Maria Giovanna – Il credenziere di buon gusto -Il blocco napoleonico -Il Decreto di Berlino – Un surrogato all’italiana – I diabotins del Confetturiere – Una dolcezza valdese – L’acqua per il cioccolato – Svizzeri? Sì, a Torino – Il misterioso viaggio di Cailler

NASCITA DEL GIANDUIOTTTO Il cioccolatino di Gianduia – Un fantastico battesimo – Dall’Esposizione Universale del 1911 alle Olimpiadi – Capitale del cioccolato – Il cappello di Paper Micca – 2001, il Codex della bontà e uno scatolone di gianduiotti – Sulle piste del mondo «il cioccolato per eccellenza»

I TRE SEGRETI DI GIANDUIA Come si produce – A mano – Stampato – Estruso – Le curiosità

GIANDUIOTTO MON AMOUR Renzo Arbore – Piero Chiambretti – Giuseppe Culicchia – Evelina Christillin – Ernesto Ferrero – Bruno Gambarotta – Simona Izzo e Ricky Tognazzi – Luciana Littizzetto – Ugo Nespolo –

RICETTARIO I SAVOIARDI E IL DOLCE PER UNA CORONA

Gateau di Savoia – Biscotti alla Savoiarda con Gianduia in tazza – Zuppa inglese – Torroncini di gianduiotti – Bacio del principe – Budino al vermuth di Torino – ZABAIONE, LA CREMA DEL SANTO Genovese al sambaione ghiacciata al gianduiotto – Zabaione con biscotti alla galeotta – Zaballione della quaresima – Bavarese di riso all’Imperatrice – Pan nero – Stracciatella di zabaione con torrone DAI MENU STORICI TRA 1859 E 2007 Torta balia ‘d Gianduia – Caschetti con meringa – Piccoli soufflé al cioccolato – Charlotte alla russa – Parfait al cioccolato con fave di cacao – Plum cake sorpresa – Boddingo di Gabinetto – Bavarese al cioccolato – Spuma calda di cioccolata – Cassata alla siciliana – Torta Cavour – Profiterol millefoglie – Torta moka – Zabaione con il bicerin di Torino

GRANDI TORTE E PICCOLE DELIZIE Torta Gianduia – Torta Savoia – Biscotti della Duchessa – Granita al Gianduia, spuma di ricotta e nocciola – Old Fashion bicerin – Layer bicerin – Torta gianduiotto – Affogato al gianduiotto – Torta Sabauda

I PIATTI SALATI DEI GRANDI CHEF

Risotto mantecato al timo serpillo con cacao e trucioli di gianduiotto (PIER BUSSETTI) – Millefoglie di melanzana e coniglio con salsa al gianduiotto (MASSIMO CAMIA) – Bavarese di burrata, gelatina allo zafferano e schiuma di gianduia (TONINO CANNAVACCIUOLO) – Maialino da latte glassato al miele di caffè e fave di cacao, con purea di radici, caffè… e gianduiotto (ENRICO CRIPPA) – Quaglia al profumo di gianduiotto e Calvados (WALTER EYNARD) – Petto di piccione rosato al pepe di Sechuan, con sua coscia farcita, verza in casseruola e salsa al gianduiotto (STEFANO GALLO) – Pane e…Cioccolato (GIOVANNI GRASSO) – Scaloppa di salmone con gianduia e mandorle (LUCA MARCHINI) – Agnello sambucano da latte con salsa gianduia e scalogni caramellati (GIAN PIEROVIVALDA)

Incipit del libro

Gianduiotto, mon amour Gianduia incartato e il busto di re Vittorio, di Caffarel i cioccolatini d’oro (le buone cose di ottimo gusto) il quadro un po’ tetro di Picasso, le scatole con i confetti, le curve morbide di donna non più nascoste da stecche una rara 12 Hp Lancia, il gagliardetto del Foot Ball Club Torino i dolcetti col monito d’amore, le nocciole caramellate le risate con l’Itala Film, le sedie di Baratti & Milano in damasco chermisi… rinasco, rinasco del mille novecento sette! E’ l’anno 1907. Sul trono del Regno d’Italia siede, non ancora quarantenne, Vittorio Emanuele III. All’incrocio fra due grandi corsi della città dove prosperò la dinastia dei Savoia, da qualche tempo è stato inaugurato il monumento in bronzo dell’architetto Pietro Costa a Vittorio Emanuele II, il nonno di “sciaboletta”. Il pittore spagnolo Pablo Picasso stupisce il mondo con le cinque donne, ritratte nel suo Les demoiselles d’Avignon, che aprono la via al cubismo. Nelle strade sfilano le suffraggette. Le signore si liberano dai corsetti, grazie alla nuova collezione del sarto parigino Paul Poiret. La Lancia incomincia a produrre il suo primo modello, la 12 Hp, mentre alla birreria Voigt lo svizzero Alfredo Dick fonda la squadra granata. Le comiche di Cretinetti della casa di produzione Itala Film fanno conoscere agli italiani la settima arte, mentre le poltroncine damascate del caffè in piazza Castello accolgono lo scrittore torinese Guido Gozzano. Abbiamo riadattato il famoso incipit de L’amica di nonna speranza per riportare l’atmosfera crepuscolare e modernista di quel 1907 dai grandi cambiamenti. L’Italia ha 32 milioni di abitanti (censimento 1901) e Torino 329 mila. L’ex capitale sabauda si sta avviando a diventare una capitale industriale e le aziende dolciarie ne costituiscono un solido pilastro. E nel 1907 a Torino compare anche la prima “macchina automatica per gianduia con accoppiamento diretto di motorino”, che “taglia i gianduia nella loro vera forma tradizionale”, come recita un depliant dell’epoca: la classica barchetta rovesciata. Il ventenne Enrico Carle decide di mettere a frutto il diploma tecnico e a Brescia inventa quel marchingegno che cambierà il destino dei gianduiotti. La prodigiosa invenzione riesce a produrre i gianduiotti per “estrusione” e fa decollare la cioccolateria industriale, oltre che la Carle & Montanari, impresa leader ancora oggi nelle tecnologie per il settore dolciario. Da quella “macchina automatica” s’inizia il nostro cammino verso archivi storici, università e centri di ricerca tra Italia, Spagna e Svizzera, confetterie e grandi aziende, collezionisti di menu e stampi d’antan per dolci, cucine di ristoranti stellati e laboratori di maestri pasticceri, alla ricerca di notizie più certe sulla storia del gianduiotto. E’ una coinvolgente avventura che si snoda nei secoli. Risale alle navi spagnole che nel XVI secolo portano in Europa il cacao scoperto in Messico. I duchi di Savoia sono tra i primi ad apprezzare quelle fave scure, ma si sa, la cioccolata (allora solo al femmile) piace soprattutto alle donne: seduce due Madame Reali, che si dedicano ai fasti dell’ “indico brodo”. Poi arriva Napoleone, con il Blocco Continentale delle merci provenienti dalle Americhe: il prezzo del cacao schizza oltre ogni previsione e gli italiani aggiungono al cioccolato mandorle e nocciole. E’ un nuovo magico impasto, modellato con speciali coltelle da artigiani specializzati. Già dalla fine del Settecento, a Milano, Genova e Torino arrivano dal Canton Ticino tanti montanari svizzeri di grande abilità, il popolo dei cioccolatieri erranti della Valle Blenio. Poi è la volta dei Valdesi: i loro laboratori rappresentano un po’ una rivincita, dopo tante persecuzioni patite dai francesi e dai Savoia. E il primo gianduiotto prende forma, molto probabilmente, nel laboratorio di Michele Prochet, fratello di un importante pastore valdese. Poi il socio Pierre Paul Caffarel – anche lui seguace della religione di Valdo – ottiene, dopo il 1865, il privilegio di poterlo battezzare con il nome della più famosa maschera risorgimentale del Piemonte. Ma chi sarà mai il vero inventore del gianduiotto? Il Paper Micca nato dalla fantasia degli autori di Walt Disney? Oppure è un certo Leonardo da Vinci, come sostiene ironicamente il Codice gianduiotto di Bruno Gambarotta? Si ha la certezza che il ticinese Gio Martino Bianchini, proveniente da Campo Blenio, nel 1819 abbia ottenuto la patente regia che lo autorizzava all’uso della sua nuova macchina “per il tritolamento del cacao”: era mossa dall’energia idraulica del canale Ceronda di Torino. Quella ruota è diventata un cimelio storico all’ingresso dello stabilimento Caffarel, a Luserna San Giovanni, nel cuore della Gianduiotto Valley. E mentre Gozzano scrive la poesia Le golose al “sapore di crema e cioccolatte”, il bonbon di cacao e nocciole diventa un prodotto per tutti. Nasce la “gianduiottomania”. Il primo cioccolatino incartato al mondo ottiene un consenso crescente, fino alla planetaria celebrazione con le Olimpiadi Invernali 2006. Il gianduiotto seduce. Quando lo si scarta, regale nella sua veste dorata, si è colpiti dal profumo di nocciole e cacao. La forma tondeggiante è quasi un invito alla golosità: il lato sottile si offre alla bocca. Lo si può gustare tagliandolo a pezzetti, in modo da prolungarne le deliziose sensazioni, oppure lasciarlo sciogliere lentamente in bocca, tenue e delicato, affinché contamini la lingua e si incolli al palato. Lascia una persistenza dolce e amara, sensualmente morbida, un po’ come queste pagine che ne raccontano i segreti, ne svelano le sorprendenti potenzialità in cucina e ne suggeriscono la degustazione in tanti piatti, storici e moderni, dolci e salati. Non si è mai sazi, dal 1867 a oggi, di quel lingotto marron. E si intuisce perché principesse, imprenditori, medici e scrittori ne siano stati conquistati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *